Dopo una settimana un pò ammaccata, trascorsa a letto a giorni alterni a causa di una febbre che ancora non molla ho iniziato una settimana che si prospetta piena.
(lunedì)-Riunione di dipartimento, lavoro al pc per la casa editrice in ufficio dal Signor R. che mi ospita quando sono nella sua zona, conferenza stampa e ritorno a casa. Il tutto condito da una pioggia incessante di quelle che anche agli amanti della stagione fredda come la sottoscritta fa girare un pò le scatole.
(martedì)- Rimango a casa a lavorare: non fate mai l’errore da novellini, come me, di pensare che rimanere a casa a lavorare sia meglio che uscire. Mi sono scansata freddo e pioggia ma non mi sono mossa dal portatile se non per sbrigare due faccende (perché a casa ti assale il senso di colpa della casalinga che è in tutte noi ed i panni stesi sullo stendino in mezzo alla casa esercitano lo stesso fascino delle sirene su Ulisse. Io non sono Ulisse e ho ceduto), ho organizzato alcune cose belle importanti per la settimana prossima e la sera, dopo cena, sono crollata sul divano come una pera.
(mercoledì)-Appena iniziato, occorre dargli fiducia ma ho mille ed una cosa da fare quindi.
Sono contenta delle mie giornate piene, sono contenta della stanchezza serale, sono contenta di trascorrere le mie ore tra libri di diritto scritti in latino e la tastiera di un pc a scrivere, pensare, sistemare e condividere.
Mi ero però proposta (sapendo già di formulare uno di quei “buoni propositi” che non si mantengono) di non tralasciare più il blog: soprattutto ora che ho ricominciato da zero è necessario il giusto ritmo ed esserci.
Un post al giorno, Sarah, anche se devi scrivere due righe, due sciocchezze, lo devi fare.
Era una bugia già il pensiero stesso di questo proposito.
Apro la schermata di WordPress, entro, e rimango inebetita a fissare il monitor e quella pagina che non si scrive da sola e che rimane tutta bianca.
Penso alle mille cose che vorrei scrivere , allungo le mani sulla tastiera ma nulla. Il più delle volte concludo con un nulla di fatto.
Domani, vediamo domani.
Il grillo parlante sulla mia spalla si arrabbia non poco: devi scrivere, Sarah, ora questa è la priorità e ripete quella frase che odio: anche una sciocchezza ma devi scrivere.
Che oggi mio articolo del blog debba essere un piccolo Furore di Steinbeck? No! Mi è molto chiaro tutto ciò, giuro!
Ed allora dove l’impasse?
Mi sono arrovellata fin quando i pensieri nella ia mente non hanno iniziato a far rumore, tanto rumore che lo si sentiva da fuori e penso di aver capito:
la semplificazione non è la mia strada,
le due righe, la sciocchezza scritta così per riempire il vuoto non sono la mia strada.
E se c’è una cosa che ormai mi è chiara è che le strade che non sono le mie, dopo averle intraprese per anni facendomi molto male, le lascio agli altri.
Rimane il vuoto da riempire e la volontà di farlo ma lo farò a modo mio: saranno sempre parole barocche, pensieri prolissi e poco semplici a tenere salotto.
Perché ho detto a me stessa, e l’ho anche scritto su queste pagine, che voglio raccontare la mia storia, questa volta.
La mia storia è lunga, prolissa, barocca, lunatica, per nulla semplice e mai mi sono sognata di semplificarla.
Le mie parole sono la mia vita e sono come la mia vita ed io a questo non riesco a rinunciare: alla mia vita ed alle mie parole che sono sempre più la stessa cosa come ho sempre sognato che fosse .