“E certe volte ti chiedi cosa ci fai in questo posto perché questo posto non è il tuo e la parte più profonda di te questo già lo dice da molto. E chi ti conosce in realtà non ha idea di chi tu sia perché tu non sei davvero ciò che appare ed inizia a mancarti il respiro perché avverti che il tempo passa e il tuo IO, ormai, urla talmente tanto forte che non puoi più tapparti le orecchie. E se gli altri riescono a vivere dietro maschere che tu vedi sempre più finte e pesanti a te ormai la maschera sta colando giù, inesorabilmente. Se nessuno riesce a leggerti negli occhi la colpa è tua perché neanche tu hai il coraggio di farlo. Perché poi indietro non si torna più e questo lo sai bene. Quante vite pensi di avere? Quanto tempo pensi di poter aspettare? Quanto ancora pensi di riuscire a vivere estranea a te stessa ed a chiunque?”
Lunedì’ pomeriggio tardi; appena tornata dal dipartimento, è stata una giornata pesante. La signora della biglietteria alla cumana, con un sorriso materno, quando mi sono avvicina per chiederle il biglietto mi ha guardata e mi ha detto con una spontaneità affettuosa (anche se non ci siamo mia viste, non penso che ci rivedremo e, nel caso, non ci riconosceremo): “Lei è davvero molto stanca, si vede tantissimo!”
Da parte mia un sorriso ed un appena accennato gesto di assenso.
Oggi sono stanca, molto.
La giornata è stata piena ma non più di altre; pago in parte il prezzo di ieri; non sono stata bene e sono stata a letto dopo due siringhe e, come mi capita in questi casi, ho dormito quel sonno che non ristora.
Lunedì’ pomeriggio tardi; sono tornata a casa, ho acceso il pc, devo iniziare a lavorare per la casa editrice, quando mi viene, di getto, di scrivere quella frase – quella che ho messo all’inizio di tutto -sul mio profilo Facebook.
Pubblico, ci penso un secondo poi subito mi distraggo tra le mille mail da leggere e tra le cose da fare.
La spesa oggi non riesco; Lele andrà in radio;devo leggere quel libro e chiamare i miei. Nel frattempo apro e leggo mail, rispondo, aggiorno i siti e le pagine e penso alle cose che devo fare. I pensieri vagano. Vagano e poi, all’improvviso tornano a quello che ho scritto su Facebook.
Cosa ho scritto, perché quelle parole, intime, pesanti? E mi fermo e le leggo, di nuovo.
Forse la stanchezza di oggi non è stata l’ennesima cumana in ritardo, i pensieri accumulati e le cose da fare. La stanchezza di oggi è diversa.
E mi sono messa a pensare a questo blog, al fatto che ho ricominciato per poi smette di nuovo quasi subito.
Perché?
Perché proprio ora che nella mia vita non faccio altro, per lavoro, che leggere e scrivere proprio al blog non ci penso?
Perché proprio ora che con i social ho iniziato a lavorarci La Petite Dame è stata dimenticata?
Perché?
Il motivo è lo stesso; il motivo che sta dietro le righe che ho scritto oggi pomeriggio…quanto ancora sono disposta a non scoprire ciò che sono? L’IO urla , in modo ormai terribile e il modo in cui il mio vero IO parla sono sempre state la parole che ho scritto, Tutte le volte che non ho voluto vedere, sentire, capire, affrontare a me è bastato non scrivere.
Ogni volta che smetto di scrivere muoio dentro, una parte di me mangia se stessa (negli ultimi anni la cosa è diventata letterale grazie alla mia malattia autoimmune). Da sempre è così, sempre.
Ma da sempre non significa per sempre, forse inizio a capirlo e così, forse, inizio a capire che quella maschera pesante, dietro la quale tutti mi sembrano tristi e ridicoli (ma in realtà la persona triste e ridicola sono io) adesso è ora di buttarla.
Sarà lento, difficile, dolorosissimo ma anche dolcissimo. Si farà spazio, quello spazio che prende il nome di solitudine, ma lasciamo che sia così anche perché l’alternativa non penso esista più.